L'arte di essere la propria essenza

I subdosha: le 5 arie di Vata, i 5 fuochi di Pitta e le 5 acque di Kapa

Attraverso l’analisi dei 15 subdosha possiamo risalire più efficacemente all’origine delle disfunzioni di ogni persona e seguire più facilmente una…

possibile via di guarigione. Sono le sedi dove possiamo trovare per ogni costituzione fisica dove si manifestano le cause di disequilibri e malattie.

PRANA VAYU, l’aria del respiro
Situato fra il diaframma e il cuore, la sua funzione è determinante per il mantenimento delle funzioni vitali. Presiede i meccanismi cardiaci e la generazione del battito del cuore, cura le funzioni respiratorie, permette la masticazione e la deglutizione. Si muove lungo tutto il corpo permettendo la mobilità articolare, ma la sua energia ha una direzione funzionale verso l’alto, da esso dipende il funzionamento degli organi di senso, della mente e dei pensieri. Sul piano sottile è “il compagno silente” della nostra vita. Ci approvvigioniamo di Prana attraverso il respiro e il Prana trasporta le energie estratte dal cibo in tutti i tessuti. Vene ed arterie sono in buono stato e funzionanti se la qualità e la quantità di Prana nel corpo sono di buon livello. Quando il Prana scarseggia, possono comparire dolori articolari, patologie respiratorie come asma e bronchiti, vomito, patologie cardio-vascolari, stanchezza, sofferenza mentale, stress e quando ci abbandona definitivamente può sopraggiungere la morte.

UDANA VAYU, l’aria della gola.

La sua azione parte dall’ombelico ed attraversando le vie respiratorie esprime la sua massima potenza nella gola e si libera attraverso il naso. La sua energia si muove naturalmente verso l’alto ed è attraverso la sua azione che noi eliminiamo anidride carbonica e gli scarti gassosi. Udana Vayu presiede le funzioni del linguaggio e questa sua capacità di decodificare il pensiero alle parole; è legato ad un altra importante qualità che riguarda il mantenimento della memoria delle esperienze di questa vita e, secondo i testi vedici, alla memoria delle vite passate, nonché del numero dei respiri che ci vengono “assegnati” all’atto della nascita. La sua natura ieratica ed antica gli attribuisce la facoltà di conservare al meglio le forze naturali, come quella di volontà e la capacità di compiere sforzi, oltre che la chiarezza delle percezioni fisiologiche e degli obbiettivi della vita.
Quando Udana vayu è scompensato, compaiono problemi del linguaggio e perdita della memoria, confusione e pesantezza della testa, accorciamento della vita.

SAMANA VAYU, l’aria dello stomaco.

Situato fra il diaframma e l’ombelico, similarmente al sistema nervoso autonomo, attiva la peristalsi ed il conseguente movimento del cibo lungo il tubo digerente. Dosha secondario nel duodeno e nell’intestino tenue, la sua azione frantuma il bolo, favorendo l’attivazione dei succhi gastrici degli enzimi digestivi, cioè di Pachaka pita.
Il mal funzionamento di Samana Vayu causa cattiva digestione ed errata assimilazione dei cibi nonché accumulo di muco nello stomaco.
Esso è energia discendente e discriminante sia a livello molecolare che sottile. La sua azione favorisce il discernimento dei pensieri e del sentimento, favorendo la flessibilità interiore.
APANA VAYU, l’aria del colon.
Situato nel colon e nella cavità pelvica fino alle cosce, la sua energia è diretta verso il basso, e con la sua azione favorisce e controlla l’eliminazione di feci, urine, gas intestinali e sangue mestruale; regola nella donna il movimento dell’ovulo lungo le tube di Faloppio e l’eiaculazione dello sperma nell’uomo. E’ determinante nell’espulsione del feto. La sua azione permettere l’assimilazione delle sostanze nutritive dal colon verso il fegato.
Quando Apana Vayu è in squilibrio si verificano complicazioni e dolore all’apparato riproduttore ed escretivo alla muscolatura della fascia lombo-addominale.
La sua azione a livello psico-emotivo e sottile agisce sul non attaccamento alle cose materiali e libera dall’egoismo; sul piano fisico agisce espellendo dal corpo i Mala (feci, urine, sangue mestruale,…).

VYANA VAYU, l’aria della circolazione.

Si estende in tutto l’organismo attraverso il sistema circolatorio e neuronale. È presente nella colonna vertebrale, nel sistema nervoso autonomo, nei muscoli riflessi, nel sistema circolatorio e nel cuore. La sua azione distribuisce in tutti i tessuti l’energia vitale raccolta nell’intestino e nel fegato e lungo tutto il corpo, attraverso il sangue e gli altri fluidi corporei. Nutre attraverso il sangue anche il midollo spinale e gli altri tessuti nervosi; la sua disfunzione causa blocchi nel sistema vascolare.
Sul piano sottile Vyana Vayu, grazie alla sua azione generosa, sviluppa la forza di volontà e l’amore.

I cinque fuochi di PITA

PACHAKA PITA, il fuoco dello stomaco.
In ayurveda è considerato il subdosha principale di Pita, perché il suo funzionamento sostiene gli altri quattro subdosha. La sua azione si sviluppa nell’intestino tenue, duodeno, cistifellea, pancreas e fegato. Il suo compito principale è digerire il cibo attraverso la produzione enzimatica e gastrica e separare le sostanze nutrienti e vitali da quelle di rifiuto.
Uno squilibrio di Pachaka può causare problemi digestivi e anoressia.
Sul piano sottile esso è responsabile della giusta assimilazione dei pensieri e quindi della libera circolazione delle energie nella cavità addominale
Il digiuno, la purga, l’aromaterapia e cibi che appagano Pita rafforzano questo subdosha.

RANJAKA PITA, il fuoco del sangue.
Situato nel fegato, nella milza nello stomaco e nel midollo osseo, è responsabile della produzione e conservazione del sangue. Presiede alla sintesi dell’emoglobina, fornisce colore al sangue ed è responsabile del metabolismo delle ossa, degli occhi e dei capelli. Quando la sua azione non è equilibrata, si genera una cattiva produzione enzimatica e di bile che creando stress ed ira ed agendo negativamente sul fegato, causando inoltre anemia ed ittero.
Sul piano sottile Ranjaka Pita conferisce vigore e vitalità, aggiustando gli eccessi emotivi e passionali, restituendo al mondo un atteggiamento calmo e colorato.
La pulizia interna del corpo, lo yoga, tutte le attività rilassanti appagano questo dosha; anche i cibi dal gusto dolce appaga Pita.
ALOCHAKA PITA, il fuoco degli occhi.
Situato nella pupilla e nella retina è responsabile della vista e delle funzioni visive. Determina e controlla il calore sia nei fotorecettori che negli altri organi di senso, conferisce il colore agli occhi. Quando la sua funzione è alterata, soprattutto nella termoregolazione compaiono disfunzioni e malattie alla vista nonché cefalee.
Sul piano del corpo sottile Alochaka Pita genera una visione creativa, ingegnosa, di speranza ed attenta. Quando è in equilibrio, ci insegna attraverso una visione nitida e luminosa l’accoglienza verso noi stessi il prossimo e Dio.
Esercizi agli occhi (palming, yoga,…), la pittura, passeggiate in mezzo al verde e vicino a ruscelli, rinforzano questo dosha.
SHADAKA PITA, il fuoco del cuore.
Il più sottile fra tutti gli umori è localizzato principalmente nel cuore e nel sistema nervoso centrale, dove governa gli stimoli e gli impulsi dei neurotrasmettitori. Governa assieme a Prana vayu il cuore ed il suo “calore”. In associazione con Udana Vayu controlla la memoria, le normali funzioni della mente, dell’ego, dell’intelletto e stimola l’intelligenza.
Un suo indebolimento causa disturbi della psiche, disorientamento, tendenza agli estremi, emotivi tà, eccesso di cibo, droghe, alcol ecc… .
A livello sottile Sadhaka Pita ha la migliore funzionalità sul piano fisico, mentale ed emozionale. Esso agisce dal SÈ più intimo e profondo generando emozioni, umiltà e coscienza della verità assoluta e memoria delle esperienze passate. Sadhana come la meditazione rinforzano e purificano Shadaka Pita.
BHARAJAKA PITA, il fuoco della pelle.
È localizzato nella pelle, protegge il nostro corpo dagli agenti esterni, è responsabile della luminosità, dell’elasticità e del tono della cute nonché della capacità di metabolizzare, luce, acqua aria ed oli medicati attraverso essa.
L’errato funzionamento causa problemi cutanei come dermatiti, eczemi, psoriasi e pruriti;
a livello sottile Bharajaka Pita fornisce bellezza e luminosità interiore.
Pulire e decorare il proprio spazio vitale, lavare ed oliare il proprio corpo rafforzano questo subdosha.

Le cinque acque di KAPA

AVALAMBAKA KAPA, l’acqua del cuore.
Situato nella cavità toracica, ha sede principalmente nel liquido interstiziale polmonare, nella pleura, nelle secrezioni bronchioli e nelle membrane di protezione del pericardio fungendo da regolatore del calore. La sua presenza sostiene strutturalmente gli organi compresi nella gabbia toracica, evitandone l’attrito e favorendo il funzionamento del sistema cardiovascolare e la conseguente distribuzione di energia e sangue nel corpo. Le disfunzioni di Avalambaka Kapa generano febbre reumatica, dolori al pericardio, letargia e pigrizia.
Sul piano dell’atteggiamento sottile questo subdosha porta a maturare una natura comprensiva dolce e materna, protesa a godere e tutelate gli elementi e gli esseri di Madre Terra e del Creato. Azioni quali prendersi cura e cucinare per la famiglia, aiutare i poveri, il digiuno nutrono questo subdosha.


KLEDAKA KAPA, l’acqua dello stomaco.

Ha origine nello stomaco ed è la causa della formazione delle mucose intestinali e del muco nel corpo. Di consistenza viscosa, schiumosa, appiccicosa e dolce determina la liquefazione degli elementi nutritivi nel processo digestivo preparandoli all’assimilazione. È il subdosha principale di kapa, la sua presenza sostiene la formazione delle altre acque.
Quando si altera, si presenta nausea, pesantezza distensiva ed indigestione.
A livello sottile Kledaka Kapa coltiva ed accresce la fluidità, la capacità di saper assimilare pensieri ed emozioni prima di esprimerli. Pratiche come il massaggio, il vomito ayurvedico, lo yoga, passeggiate, donare cibo ai poveri aiuta questo subdosha a rafforzarsi.


BODAKA Kapa, l’acqua della lingua.
Situata nella cavità orale e nella gola è rappresentata principalmente dalla saliva. Avvia il processo digestivo, in particolar modo scinde gli amidi attraverso gli enzimi in essa contenuti. Ha una blanda azione antibatterica.
La funzione più importante riguarda la sua azione nel riconoscimento dei sei gusti; prima che il cibo venga ingerito, invia prima al cervello e poi ai tessuti impulsi al fine di far ricevere il nutrimento a tutte le cellule dell’organismo. Il suo squilibrio, in virtù di una sbagliata codifica dei gusti causa anoressia, bulimia o obesità, quindi produzione di Ama cioè tossine, osservabili dall’analisi della lingua.
A livello dell’attività e delle impressioni sottili, Bodaka Kapa sorveglia le nostre percezioni aiutandoci a generare un senso di moderazione rispetto agli impulsi che ci circondano e insegna ad accettare il proprio equilibrio.
Pratiche come il digiuno, il vomito ayurvedico, una dieta specifica per kapha dosha e sport salutari aiutano questo subdosha.

SLESHAKA KAPA, l’acqua delle articolazioni.
Situato nelle articolazioni, questo gel è assimilabile al liquido sinoviale. Determina la mobilità e la flessibilità articolare e protegge le cartilagini ed i giunti ossei dalle frizioni e dal calore. L’irregolarità di Sleshaka Kapa sviluppa dolore, gonfiore e problemi articolari.
Sleshaka Kapa in sanscrito era il nome originario di Kapa che significa “ciò che connette”. Fedele alla sua funzione sul piano sottile ci insegna l’ancoraggio alla vita ed alla verità, la compassione e l’amore materno. Le sadhana come il digiuno, il consumo di cibi per la costituzione kapa e il senso materno rafforzano questo dosha.

TARPAKA KAPA, l’acqua della testa.
Situato nella scatola cranica, è assimilabile al liquido cefalo-rachidiale; ha la funzione di nutrire e proteggere i tessuti nervosi, in particolar modo del sistema nervoso centrale. Lo troviamo ad esempio fra le meningi craniche. Agevola gli organi di senso e la percezione. Quando squilibrato determina appannamento delle funzioni percettive e perdita della memoria. A livello sottile Tarpaka Kapa purifica i sensi e agevola il naturale senso di calma e soddisfazione. Insegna a vivere con leggerezza (non superficialità) per ottenere la felicità e la salute riconoscendo ed usando i propri doni essenziali a stabilire un rapporto sano e naturale con il Creato. Sadhana come la pulizia giornaliera della testa e dei sensi, la meditazione, la pratica dei pranayama e della lettura delle Sacre Scritture fortificano Tarpaka Kapa.

È bene sottolineare che pratiche e sadhana come lo yoga, le pulizie stagionali e giornaliere sono sempre indicate per nutrire ed equilibrare tutti i dosha.

Articolo pubblicato su “l’Altra medicina” nel 2018, scritto in collaborazione con Sem Galbiati, terapista ayurvedico

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Elena Carafa

Elena Carafa

Fondatrice di Esserenza

Artista e designer
Terapista ayurvedica e Yoga
Operatrice in discipline Bio Naturali DBN
Reg. Uff. Reg. Lombardia n.29-2020/TA29

Ho imparato nell’esperienza delle cose che l’arte, come la intendo io, è quel momento che si presenta ogni volta che vogliamo afferrare la nostra essenza. L’arte per l’arte non mi è mai interessata, a me interessa la magia che s’infonde nella relazione essere umano, spazio, tempo, materia. Lo scopo finale è il processo, ossia conoscersi sperimentando, approfondendo e provando: è farne esperienza diretta, appunto, solo così si trasformano continuamente le nostre esistenze, sempre in nuove forme, come nel gioco spontaneo che un bambino può fare con un legnetto su una spiaggia.

Ho osservato e studiato molto i giochi dei bambini e come gli adulti vivono i propri ambiti di conoscenza e sviluppo di sé stessi; da queste osservazioni dirette ho delineato una modalità che applico in tutte le attività che faccio e faccio fare: cerco sempre di creare quello spazio magico dove possano avvenire processi trasformativi di significato. L’arte, le pratiche dello Yoga e dell’Ayurveda, così come altre discipline o tecniche diventano “ambiti”  dove possono realizzarsi tali processi.